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Riprogrammare la carta d'identità delle cellule: individuato il timbro molecolare

05.03.2013

Uno studio tutto italiano segna un passo avanti verso l’ultimo traguardo della medicina rigenerativa: l’impiego a scopo terapeutico delle cellule staminali ottenute tramite riprogrammazione cellulare. Il meccanismo di riprogrammazione dell’identità cellulare trova nelle proteine della famiglia Polycomb, già note per il ruolo svolto nello sviluppo embrionale e nella formazione di tumori, il “timbro” indispensabile per indurre le cellule adulte a tornare allo stadio embrionale. Lo dimostra uno studio condotto dagli scienziati Stefano Casola e Giuseppe Testa nei laboratori dell’IFOM e dello IEO di Milano. La ricerca, pubblicata oggi sull’autorevole rivista scientifica PLoS Genetics, aggiunge un significativo contributo alle conoscenze sulla riprogrammazione cellulare nell’ottica di concretizzare le aspettative della medicina rigenerativa per la cura di diverse malattie, dalle lesioni d’organo alle patologie croniche, ai tumori.

Milano, 4 marzo 2013 - Sono passati quasi sette anni da quando Shinya Yamanaka, Premio Nobel 2012, dimostrava che le cellule della pelle potevano essere riprogrammate in laboratorio per diventare del tutto simili a cellule staminali embrionali. La scoperta delle cellule staminali pluripotente indotte (IPS) preannunciava di rivoluzionare la medicina moderna: qualunque tessuto lesionato sarebbe potuto essere finalmente ricostruito a partire dalla pelle dello stesso paziente e trapiantato dunque senza alcun problema di rigetto. Ma ancora oggi diverse domande restano aperte: come fare per generare in vitro, a partire dalle cellule IPS, tessuti e in un futuro anche organi che siano funzionanti e sicuri? A che stadio della loro maturazione possiamo già ora usare le cellule IPS per studiare le malattie umane in vitro e avvicinarci dunque sempre di più all’unicità di ciascun paziente? Domande che a loro volta ne presuppongono una fondamentale e cioè quali siano i meccanismi molecolari che garantiscono una completa riprogrammazione della cellula differenziata. È a quest’ultima domanda che hanno risposto Casola e Testa con uno studio apparso oggi sulla rivista scientifica PLoS Genetics.

cellule riprogrammate iPS

Riprogrammare le cellule in laboratorio significa disattivare i geni specifici della cellula differenziata, quelli che le attribuiscono una funzione specializzata all’interno dell’organismo, e condurla quindi allo stadio di cellula staminale pluripotente in grado di assumere una nuova identità. Per questo è necessario resettare completamente il programma genetico attivando i geni necessari all’acquisizione di una nuova specializzazione. Dei circa 25.000 geni presenti nelle cellule umane infatti solo una piccola parte è espressa ed è proprio la combinazione dei geni accesi e spenti che determina l’identità di ogni singola cellula e ne costituisce l’impronta “digitale”, la carta d’identità. I meccanismi che regolano il differenziamento cellulare e ne consentono, di conseguenza, la riprogrammazione dipendono da particolari proteine che agiscono come interruttori molecolari, controllando contemporaneamente l’attività di migliaia di geni. Uno di questi interruttori è Polycomb, un gruppo di proteine che agisce silenziando oltre 6000 geni e il cui coinvolgimento nella formazione di tumori è stato ampiamente dimostrato. Difetti nella regolazione di Polycomb sono infatti comuni in molte patologie, dai tumori come i linfomi, il cancro della prostata, cervello e mammella alle malattie genetiche come la sindrome di Kabuki e ad alcune forme di ritardo mentale. 

La novità che emerge dalla ricerca pubblicata da Casola e Testa è che Polycomb, oltre a svolgere un ruolo da protagonista nel differenziamento e nella tumorigenesi, è assolutamente indispensabile anche nel processo di riprogrammazione delle cellule. Inattivando migliaia di geni simultaneamente, Polycomb funziona infatti da interruttore di identità cellulare, “permettendo” la transizione da cellula differenziata a staminale. «Tramite un’analisi funzionale condotta sull’intero genoma abbiamo scoperto che i circa 6000 geni regolati da Polycomb non sono tutti ugualmente importanti nel processo di riprogrammazione. È solo uno specifico sottogruppo che deve essere spento per garantire che una cellula matura torni a uno stato indifferenziato. Senza questi geni chiave (una sorta di “core business della cellula”) non è possibile generare cellule staminali da cellule della pelle» commenta Casola, direttore del gruppo di ricerca IFOM di Immunologia molecolare e biologia dei linfomi.

«Questa scoperta rappresenta un importante contributo per la ricerca sulle cellule staminali. Le sue ricadute però non si limitano esclusivamente all’area della medicina rigenerativa» ci tiene a precisare Testa, che in IEO coordina il programma di ricerca Epigenetica delle cellule staminali, «Adesso che abbiamo identificato i geni chiave controllati da Polycomb possiamo studiarne la funzione in condizioni patologicamente molto rilevanti, come i tumori. Alla luce anche dei nostri risultati infatti emerge sempre di più come il cancro sia la conseguenza di un disturbo di identità della cellula che perde la sua impronta e acquisisce nuove proprietà in maniera molto simile a una riprogrammazione».
Molti dei meccanismi che portano una cellula differenziata a diventare staminale orchestrano anche la transizione da cellula normale a tumorale con sorprendenti analogie tra i due processi. «Ciò conferma ancora una volta il valore trasversale della ricerca di base che, con un approccio multidisciplinare basato sulla genomica, sulla biologia computazionale e sulla proteomica, ci ha portati a scoperte che aggiungono nuova conoscenza in aree della scienza apparentemente lontane, come la medicina rigenerativa e l’oncologia» riflettono gli scienziati «Inoltre, considerando che le attese rispetto a queste tematiche sono altissime, spesso anche superiori al reale stato dell’arte, le acquisizioni della ricerca di base risultano fondamentali, indispensabili per costruirci un quadro conoscitivo solido e affidabile».
La ricerca è stata realizzata grazie al supporto, fra gli altri, di Epigen, ERC, AIRC, Fondazione Giovanni Armenise/Harvard e del bando Giovani Ricercatori del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che nell’anno 2008 ha selezionato e finanziato oltre cinquanta progetti di ricerca della durata di tre anni condotti da ricercatori under 40.


FOCUS: Polycomb, epigenetica e riprogrammazione
Tutte le cellule del nostro corpo, che siano del cervello, del cuore, dei muscoli o di qualsiasi altro organo, sono dotate dello stesso identico genoma eppure è evidente quanto siano differenti per forma e funzione. Cosa rende quindi così diverso un neurone da una cellula della pelle? Dei 25.000 geni presenti in ciascuna cellula solo un determinato gruppo è espresso mentre gli altri sono silenziati. Questo meccanismo selettivo avviene a livello epigenetico (dal greco “sopra i geni”) ovvero tramite modifiche chimiche che governano l’espressione genica attivando o reprimendo determinati geni senza alterare la sequenza del DNA. Una delle modalità con cui avviene la regolazione epigenetica è la modificazione degli istoni, proteine che legano il DNA e permettono la formazione della cromatina. Numerose sono le modificazioni istoniche ad oggi individuate: metilazione, ubiquitinazione, acetilazione e fosforilazione. Considerate nell’insieme queste costituiscono una sorta di “chiave di lettura” del DNA che assegna ad ogni gene l’attributo acceso o spento. Diversi laboratori in tutto il mondo stanno cercando di decifrare il codice epigenetico della cellula e molti risultati sono già stati ottenuti attribuendo un significato funzionale alle diverse modificazioni chimiche identificate. Una di queste è la metilazione della lisina in posizione 27 dell’istone H3 (indicata come H3K27me) che determina un segnale di silenziamento.

 

cellule riprogrammate iPS

Durante lo sviluppo embrionale quando le cellule staminali pluripotenti si differenziano per acquisire la forma e la funzione del tessuto che andranno a costituire, a livello degli istoni avvengono una serie di modificazioni epigenetiche che accendono i geni specifici per la funzione della cellula e spengono gli altri. A partire dal 2006, in  laboratorio è possibile indurre anche il processo inverso: modificando l’espressione di alcuni geni una cellula somatica completamente differenziata può essere riportata indietro nel tempo fino ad acquisire nuovamente le caratteristiche della cellula staminale embrionale. Questo processo è detto “riprogrammazione” e ha aperto una nuova traiettoria nel campo della medicina rigenerativa. Le cellule staminali indotte IPS sono state a lungo esaminate per studiarne le caratteristiche, valutarne le potenzialità e, soprattutto, comprendere differenze e analogie con le staminali embrionali. Dal punto di vista epigenetico è emerso chiaramente che il segnale di silenziamento H3K27me è fondamentale per definire l’identità di queste cellule tanto da costituire l’impronta che distingue le staminali riprogrammate dalle cellule somatiche.
Chi trasferisce il segnale H3K27me sugli istoni? Si tratta di un complesso di proteine chiamato Polycomb, identificato per la prima volta negli anni ’70 nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Coinvolto nel differenziamento della cellula e nella trasformazione tumorale, il complesso Polycomb è stato recentemente chiamato in causa anche per il suo possibile ruolo nel processo di riprogrammazione. Con un approccio all’avanguardia, integrando indagini in vivo e in vitro con studi di genomica funzionale, proteomica e biologia computazionale, gli scienziati dell’IFOM e dello IEO hanno scoperto che il complesso Polycomb agisce come un interruttore di identità. Reprimendo contemporaneamente l’espressione di oltre 6000 geni, Polycomb cancella l’impronta della cellula somatica e permette l’acquisizione della nuova identità staminale. Inoltre studiando questo “interruttore molecolare” in un sistema in cui il cambio di identità è così evidente e profondo, come il passaggio da una cellula somatica a una staminale, i ricercatori hanno potuto fare ciò che in altri sistemi fino a questo momento era stato impossibile: arrivare a capire a livello molecolare come avviene questa transizione. Dai loro studi è emerso che solo un sottogruppo dei geni silenziati da Polycomb è effettivamente necessario per garantire la riprogrammazione: questi geni costituiscono il nucleo fondante dal quale si avvia tutto il processo. Questo nucleo è stato definito dagli stessi ricercatori il “core business” di Polycomb e sarà il punto di partenza per i prossimi studi.
Alterazioni dell’asse Polycomb sono frequentemente associate a condizioni patologiche nell’uomo. Dai tumori alle malattie genetiche, dalle malformazioni embrionali al ritardo mentale, sono moltissime le patologie caratterizzate da un forte squilibrio a livello del segnale H3K27me sugli istoni. La spiegazione è facile da intuire: Polycomb è un fattore epigenetico che controlla l’espressione di migliaia di geni, quando questo interruttore generale è difettoso l’effetto sulla cellula è inevitabilmente drammatico. I dati ottenuti con questo studio hanno quindi un valore conoscitivo rilevante non solo per la medicina rigenerativa ma anche per tutte quelle aree in cui si indagano gli effetti devastanti delle alterazioni in Polycomb: l’averne individuato il “core business” permetterà di orientare la ricerca, focalizzandola su un circoscritto set di target.

ultimo aggiornamento: 23/05/14