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Nuove prospettive per la ricerca sul cancro: stabilizzare i vasi del tumore per renderlo più vulnerabile alle terapie

15/06/2010

Milano, 15 giugno 2010 – Individuato uno dei meccanismi responsabili delle anomalie e dell’alterata organizzazione del sistema vascolare tumorale, uno dei tratti distintivi e più pericolosi dei tumori. La scoperta, realizzata da un team di ricerca guidato da Elisabetta Dejana, la scienziata a capo del programma di Angiogenesi presso l’IFOM, ha rilevanti implicazioni: apre la strada a nuove strategie terapeutiche che potrebbero affiancare e potenziare l’azione delle terapie antineoplastiche che puntano a bloccare la vascolarizzazione dei tumori. Nell’immediato futuro gli scienziati proveranno l’efficacia della terapia in diversi tipi di cancro sperimentale, in particolare melanomi, tumori alla mammella e pancreas. I dettagli dello studio appaiono oggi online sull’autorevole rivista scientifica Developmental Cell.
Una fase cruciale dello sviluppo di un tumore è la formazione di nuovi vasi sanguigni, processo che prende il nome di angiogenesi. La massa tumorale molto presto comincia a indurre nuove strutture vascolari, a partire da quelle dell’organismo ospite, per rifornirsi così di ossigeno e di nutrienti. Inoltre, una volta che il sistema vascolare del tumore si è organizzato, le cellule cancerose utilizzano i vasi come “autostrade” attraverso le quali immettersi nel flusso sanguigno e dare inizio al viaggio che le disseminerà in giro per il corpo, dando origine nei diversi organi alle metastasi.
Per queste ragioni negli anni si è sviluppata una precisa strategia di attacco: interferire con la formazione dei vasi nel tumore per inibire, da un lato, la sua crescita e dall’altro la formazione di metastasi in distretti corporei diversi o periferici rispetto a quello dove il tumore primario originariamente si è sviluppato. Tuttavia questa strategia seppur efficace non ha dimostrato di essere ancora risolutiva. «Quello che diversi studi hanno dimostrato di recente è che bisogna guardare non soltanto alla quantità ma anche alla qualità dei vasi che si formano all’interno del tumore», afferma Elisabetta Dejana, responsabile del programma di ricerca di Angiogenesi dell’IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) e Professore Ordinario di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università degli Studi di Milano. «Nel momento in cui i nuovi vasi penetrano nel tumore, infatti – spiega Dejana – questi cambiano le loro normali caratteristiche: diventano molto irregolari, sviluppano un lume alterato, allargato o ridotto, e tra di essi non si distinguono chiaramente le arterie dalle vene. Si tratta di vasi molto fragili e permeabili, che possono facilmente dare origine a emorragie o permettono la fuoriuscita di liquidi che si accumulano nel tessuto tumorale provocando gonfiori e compressioni. In queste circostanze il flusso sanguigno risulta alterato, si creano zone di necrosi, e il trasporto e la diffusione dei farmaci chemioterapici all’interno della massa tumorale è fortemente ostacolato. Se si pensa a un fiume – continua Dejana – quando gli argini sono ben costruti, alti e fortificati è difficile che avvengano esondazioni e la irrigazione dei terreni avviene correttamente. Quando invece gli argini sono deboli e discontinui, le acque del fiume possono straripare, l’irrigazione e’ alterata ed è più facile accedere al suo alveo dall’esterno. Allo stesso modo, i vasi irregolari e altamente permeabili presenti nei tumori non solo sono emorragici, ma offrono una resistenza molto bassa all’entrata in circolo delle cellule cancerose e alla loro disseminazione».
Fino a oggi non era chiaro chi fossero tutti i responsabili di un’organizzazione così anomala delle strutture vascolari tumorali, ma la nuova scoperta realizzata dal team di ricerca guidato da Elisabetta Dejana rappresenta un passo significativo per inquadrare nel mirino alcuni colpevoli. «Abbiamo individuato una particolare famiglia di fattori – spiega Dejana – che controlla la formazione dei nuovi vasi sanguigni. Quando questi attori del processo di vascolarizzazione non agiscono in maniera controllata e le segnalazioni attraverso il circuito che da essi parte rimangono sempre attive, i vasi che si originano sono anomali e molto più fragili». La famiglia di proteine in questione si chiama Wnt, in condizioni normali questi fattori regolano diversi processi dello sviluppo embrionale. Queste proteine, però, sonoprodotte ad alte concentrazioni anche da molti tumori . e si e’ visto che una loro attività sregolata e’ responsabile in buona parte dell’anomala organizzazione del sistema vascolare tumorale.
Nella loro ricerca, i ricercatori diretti da Dejana sono partiti proprio dallo studio dell’azione di queste proteine e sono andati oltre. «Abbiamo caratterizzato il meccanismo attraverso cui i fattori Wnt alterano la vascolatura, coinvolgendo un altro sistema di segnalazione e comunicazione utilizzato dalle cellule, che fa capo alle proteine Notch. Insieme, i due circuiti molecolari fuori controllo provocano l’anomalia vascolare tipica dei tumori », spiega Monica Corada, primo autore del lavoro e ricercatrice presso IFOM.
Le ricadute pratiche della scoperta potrebbero essere molto importanti. Secondo Dejana «Cominciare a identificare molecole cruciali nel creare un sistema vascolare così anomalo come quello tumorale permette di individuare precisi bersagli terapeutici con cui interferire per regolarizzare la vascolatura». Le terapie che bloccano la vascolarizzazione del tumore restano ovviamente valide e sono in fase di sperimentazione clinica. La loro efficacia, però, al momento è ancora parziale. «Non solo è importante ridurre il numero dei vasi tumorali – spiega la scienziata – ma può essere rilevante, soprattutto quando il tumore è in fase avanzata, anche stabilizzare e normalizzare i vasi per favorire una migliore diffusione dei farmaci all’interno della massa tumorale e contribuire a prevenire o fermare le metastasi. Quindi, come sempre accade, la ricerca continua e insieme a un primo traguardo raggiunto si fa strada la necessità di affiancare altri strumenti a quelli già a disposizione per continuare a migliorare il trattamento». Per il prossimo futuro il team di Dejana prevede di concentrarsi sui tumori dove le proteine Wnt sono espresse in maniera fortemente alterata. È il caso dei melanomi, che rappresentano un tipo di neoplasie particolarmente aggressivo, ma nel mirino ci sono anche altri tipi di cancro, in particolare quelli alla mammella e al pancreas. Gli studiosi cercheranno di interferire con la produzione e/o la attività di questi fattori per ridurre la crescita neoplastica e la disseminazione. «L’obiettivo – conclude la ricercatrice – è arrivare a identificare la combinazione ideale di diversi trattamenti cosi’ da intervenire in maniera sempre piu’ mirata e specifica sui diversi tipi di tumore a seconda delle loro caratteristiche e del loro stadio di progressione».
Lo studio è stato condotto grazie al sostegno, dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), il Ministero italiano per la Salute, la Fondazione Cariplo, l’Istituto Superiore di Sanità, la Comunità Europea, la Fondation Leducq, il Transatlantic Network of Excellence, l’Association for International Cancer Research.

ultimo aggiornamento: 02/03/11